Alla fine del primo atto del “dramma surrealista” Les mamelles de Tirésias di Guillaume Apollinaire, messo in scena il 24 giugno 1917 al teatro Maubel di Parigi, un giovane ufficiale piuttosto distinto, con la divisa di ordinanza inglese, impugna una pistola e minaccia di sparare a caso sul pubblico. È Jacques Vaché (Lorient 1895 – Nantes 1919), autore sui generis che in vita non riuscì a pubblicare un solo libro, essendo morto nel fiore degli anni, a causa di un’overdose di oppio, tanto da incarnare idealmente quell’«assenza d’opera» di cui disquisisce Foucault a proposito di Artaud. Ci pensò tuttavia André Breton, che si considerava suo discepolo nonostante gli fosse coetaneo, a raccogliere con il titolo Lettres de guerre nel 1919, a qualche mese dalla scomparsa, un florilegio di lettere per le edizioni Au Sans Pareil di Parigi, presso cui vedrà la luce anche la rivista di orientamento dadaista «Littérature». In quella sede uscì un’anticipazione di quella che viene unanimemente considerata la prima opera surrealista, Les champs magnétiques, composta a quattro mani da Breton e Soupault. La collana era la stessa che accolse Mont de piété, sempre di Breton, e che pubblicò in seguito autori celebrati come Max Jacob, Blaise Cendrars, Pierre Drieu La Rochelle e Paul Morand. D’altronde Breton asserirà: «Jacques Vaché è stato l’uomo che ho più amato al mondo». E ancora: «In letteratura, mi sono successivamente appassionato a Rimbaud, Jarry, Apollinaire, Nouveau, Lautréamont, ma è a Jacques Vaché che devo di più». 

Facciamo un passo indietro.

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