[Ben noto agli addetti ai lavori e ai lettori più attenti, c’è in Italia il caso di un alto funzionario editoriale, responsabile delle collane di narrativa italiana di molti grandi marchi, che ha con gli anni dimostrato di saper scrivere meglio di tanti autori più o meno affermati di cui si è occupato nel tempo. Per Mondadori e Giunti Antonio Franchini ha lavorato ad alcuni dei principali bestseller degli anni Zero e Dieci (da La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano a Non ti muovere di Margaret Mazzantini, da Gomorra di Roberto Saviano a M il figlio del secolodi Antonio Scurati – per limitarsi a pochi esempi). Ma mentre da editor curava questi e altri clamorosi successi commerciali, come narratore Franchini scriveva libri intimi, molto belli ma poco noti al grande pubblico: da L’abusivo a Cronaca della fine, da Gladiatori a Signore delle lacrime.

Oggi Franchini è di nuovo in libreria con Il fuoco che ti porti dentro (di cui abbiamo discusso tempestivamente qui): ne approfittiamo per fargli qualche domanda su questo suo ultimo lavoro e su tutta intera la sua traiettoria di scrittore (gs)].

G.S: La strategia narrativa di Il fuoco che ti porti dentro non è troppo diversa da quella degli altri suoi libri (all’incrocio tra racconto, inchiesta e autobiografia), ma presenta un nesso specifico con L’abusivo, il suo libro su Giancarlo Siani, del 2001 – per molti, uno dei non fiction novel più importanti degli anni Zero. Non solo per la presenza centrale di Napoli, ma anche perché la protagonista del nuovo libro, Angela Izzo, madre del narratore, era già un personaggio importante dell’Abusivo, insieme alla madre di lei, la nonna lì soprannominata «il Locusto». Nel Fuoco tornano queste due donne terribili, e tornano i loro dialoghi, e monologhi, in napoletano stretto.

Come descriverebbe la linea che collega L’abusivo Il fuoco che ti porti dentro? Cosa è rimasto uguale, e cosa è cambiato nel suo modo di scrivere e di raccontare gli stessi personaggi a distanza di più di vent’anni?

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