Sul n. 5 del 15 ottobre 1925 «La Révolution surréaliste» accolse, tra i vari contributi di Breton, Artaud, Leiris, Desnos, Éluard, la lettera di un autore sconosciuto che si firmava E. Gengenbach. Lo scritto era accompagnato da tre fotografie, in cui si vedeva un prete a figura intera, la sede di un ritiro spirituale e il ritratto di un’attrice. Cominciava così: «Signori, in questi giorni un giovane ha tentato di suicidarsi, buttandosi nel lago di Gérardmer. Questo giovane era, un anno fa, l’abate Gengenbach e si trovava presso i Gesuiti, all’Esternato del Trocadéro, al numero 12 di rue Franklin». Dopo aver confessato che l’aspirante suicida corrispondeva all’artefice della missiva, si continuava sullo stesso tono: «Esattamente un anno fa ero abate presso i Gesuiti di Parigi ed ero avviato a una buona carriera nel mondo ecclesiastico. Mi è capitato di abbozzare un’avventura amorosa con una giovane attrice dell’Odéon». Considerate le premesse, la conclusione era prevedibile: «L’indomani i Gesuiti mi espulsero, lasciandomi solo sul selciato di Parigi». L’autore, dotato di un senso sfumato dell’umorismo e di una certa dose di sfacciataggine – coniugati peraltro ad accenti patetici –, si lamentava per essere caduto «nella nevrastenia acuta e nella depressione». Minacciava di suicidarsi a causa della rinuncia all’«impronta sacerdotale», unica condizione in grado di garantirgli la felicità. 

Gengenbach aveva scritto alla «Révolution surréaliste» dopo aver letto l’inchiesta sul suicidio, pubblicata sul n. 2 della stessa rivista, con il titolo provocatorio Le suicide est-il une solution?

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