Quando mi capita di fare sesso con persone impegnate, metto in conto di trovarmi di fronte a qualcuno che, a un certo punto, prenderà il cellulare per rispondere a un messaggio o a una chiamata del partner. Agli inizi questo genere di interruzioni mi sollazzava, specialmente nell’osservare che quanto stava avvenendo non generava in quella persona alcun senso di colpa (se no sarei fuggito per eccesso di noia). Col passare del tempo, e per partito preso cattolico, la trafila inconsapevolmente klossowskiana – oh mia Roberta – ha cominciato a eccitarmi. Oggi addirittura mi auguro che arrivi un WhatsAppino o una chiamata insistente tra un pompino e l’altro, così che possa invitare il partner a rispondere senza interrompere la nostra performance, sussurrando un dolce “Continuiamo in silenzio, rispondi pure”.
Durante i miei periodi refrattari trascorsi al fianco di gente con partner a carico – periodi in cui il mio unico desiderio era quello di far sparire immediatamente la persona che fino a pochi istanti prima consentiva al mio cazzo di gonfiarsi – mi sono spesso domandato: cosa è cambiato sostanzialmente nelle relazioni degli ultimi decenni? La risposta è una sola: la reperibilità. La reperibilità, ovvero la possibilità e anzi l’obbligo di essere posti sotto incessante controllo, ha ridotto le nostre esistenze a un Truman Show purtroppo privo della simpatia di Jim Carrey.
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