«Here I am, closer to the gutter than ever!» (Eccomi qua, più vicino ai bassifondi che mai!).

Così lo scorso settembre il regista John Waters ha commentato la stella a lui dedicata sulla leggendaria Hollywood Walk of Fame. La battuta dissacrante, oltre a dirla tutta sul personaggio Waters, sottolinea quanto tale riconoscimento abbia il sapore di un piccolo miracolo, specie in un contesto come quello hollywoodiano ossessionato dal politicamente corretto. 

In oltre cinquant’anni di carriera Waters si è infatti guadagnato l’appellativo di Pope of trash, passando dall’autoproduzione di film underground dai contenuti piuttosto estremi – e dunque censuratissimi – a commedie scorrette caratterizzate da una satira affilata. Insomma non ha mai smesso di essere una sghignazzante spina nel fianco per quello stesso establishment che oggi, nonostante tutto, lo celebra.

Rispetto a Hollywood, John Waters si è sempre trovato “sul lato opposto”, anzi possiamo dire che ci sia addirittura nato. La sua città è Baltimora, nel Maryland, sulla East Coast, ben lontana dalla West Coast losangelina. Un centro portuale, ricco di tensioni sociali e con un elevato tasso di criminalità, una città da cui molti artisti scapperebbero e che invece diventa il centro nevralgico delle storie che Waters ha voglia e bisogno di raccontare. A lui non interessano le superfici ripulite, preferisce la polvere ammassata sotto il tappeto, la fogna che scorre sotto il viale più chic. In quest’ottica se c’è qualcuno con cui prendersela non sono dunque i criminali, ma la società che si rifiuta di capirli, di osservare la realtà coi loro occhi, e che – così facendo – li esaspera, li incattivisce, o meglio ancora, li crea.

Lo stesso Waters si sente parte di quel mondo di “anormali” che la Baltimora bene rifiuta e demonizza. Lui e il suo migliore amico Glenn sono due ragazzi omosessuali che sentono di dover in qualche modo combattere chi non li accetta. John diventa presto un regista con la passione per l’estremo, mentre Glenn si trasforma in Divine, personaggio en travesti dalla fisicità dirompente e i look eccessivi, antesignano di molte drag queen odierne – non ultima la nostrana Platinette. Già a vederli s’intuisce che sono diversi dagli altri “incazzati” dell’epoca: loro non vogliono urlare la propria rabbia, preferiscono scandalizzare i benpensanti ridacchiando sotto i baffi, seppellirli con una risata.

Se infatti è vero che la prima parte della produzione di Waters abbonda di contenuti blasfemi, oltraggiosi e oltremodo disgustosi, è altrettanto evidente che il suo mood di fondo è sempre il ghigno beffardo. Della serie siamo diversi, brutti e perversi, ma più veri e molto, molto più felici di voi. E più ci dite che siamo sbagliati più vi ridiamo in faccia.

Un cinema per menti libere e stomaci forti che però porta con sé riferimenti alti. Waters non è un selvaggio autodidatta, è anzi estremamente colto

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