La trap e le “seconde generazioni”: una vetrina di desideri

Che cosa succede quando il monopolio della bianchezza nella produzione musicale italiana si incrina? Quando si modificano le dinamiche di definizione del gusto e si ribalta l’esclusiva nella definizione del cool? 

Succede per esempio che un collettivo di trapper genovesi, la Genovarabe, attraverso la propria musica metta in circolo una narrazione dissonante alle orecchie addomesticate a un certo discorso sullo straniero. Helmi Sa7bi e Sayf Maet (che insieme a Sossy Moy hanno immaginato e nominato il collettivo) raccontano il quotidiano delle seconde generazioni da una prospettiva che combina un vissuto di strada radicato nel vicolo e intriso di genovesità con gli immaginari delle periferie globali. Il caruggio diventa una calle, il centro storico una banlieue. Nata ai margini impermeabili alla gentrificazione di alcune periferie interne del centro genovese, la produzione di Genovarabe intercetta ed esprime un desiderio di emancipazione dalla narrazione pietista o allarmista – necessariamente in terza persona e calata dall’alto – costruita dai centri della produzione culturale bianca (intendendo, come si sarà capito, la bianchezza come metafora e segno di una condizione privilegiata). Siamo abituati a sentir parlare della periferia – e in senso più ampio della marginalità – come di qualcosa da guardare da lontano, magari anche denunciando lo svantaggio ed esprimendo solidarietà, ma senza mettere in discussione le distanze sociali tra chi racconta e chi è raccontato. Forse è il momento di chiedersi quanto questo tipo di narrazione sia ancora capace di raccontare una società che cambia.

Genovese come il centro, come via Gramsci
Come i poveri e le troie, chi non ha casa
Sembra di stare a Milano, sia a Molassana
Che lo senti per le strade, Genovarabe

(da Talento della zona, 2024, Helmi Sa7bi feat. Uzi Lvke)

In un paese che si confronta