C’è ancora spazio nel calcio attuale per il perturbante José Mourinho?
Il dubbio è legittimo se per “calcio attuale” intendiamo fondamentalmente un prodotto finanziario e un grimaldello politico di soft power in cui la finalità principale è fare affari.
Nuove regole che aumentino la spettacolarità stravolgendo il gioco, moltiplicazione dei tornei per sfruttare al meglio il prodotto, controllo degli acquisti dove i giocatori sono uno strumento finanziario a leva, speculazione sull’indebitamento con ammortamenti come lo stadio, calcoli statistici e analisi previsionali sulle prestazioni sono il cemento di questa industria. Prodotto che è usato da Stati come Arabia Saudita e Qatar per legittimarsi ed entrare nel più ricco mercato al mondo, quello europeo.
Ma come mantenere il reazionario spirito decoubertiano del calcio come puro disinteresse e gesto etico ed estetico che incarna i valori dello Sport? Con una serie di idiozie per i tifosi ormai ridotti a bonzi da consumo: il bel gioco, i valori sportivi di fair play in capo e nei conti, le agiografie di riscatto e sacrificio degli eroi e la messa al bando della violenza. Lo stadio come un candido luogo di gioia compartecipe, un salottino vittoriano, la casa del tifoso, in cui bimbi pasciuti e ricchi, da fidelizzare come futuri clienti per un consumo pluriennale, vadano con la famiglia per uno spettacolo emozionale emendato da violenza, tempi morti, imprevisti e noia. Cioè dalla vita.
E Mourinho il maligno? Come allenatore è incorreggibile per gli avversari e per gli esteti: ha l’immaturità guardinga di un adolescente complicato che provoca come un teppista.
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