Per quale motivo un film viene premiato a un festival? Perché è percepito, a torto o a ragione, come il “nuovo” (Cuore selvaggio, Titane). Per banali motivi di compromesso (gli esempi sarebbero troppi). Per scommettere sugli esordienti (anche in questo caso le promesse non mantenute si sprecano). Per premiare i maestri, magari per un film non particolarmente riuscito. Anatomia di una caduta non rientra in nessuna di queste categorie. Forse è il raro caso di un film premiato per meriti indiscutibili. È l’opera quarta di una regista, Justine Triet, che era già stata a Cannes, ma tenendo un profilo autoriale abbastanza basso. Sfido a trovare qualcuno che ricordi Tutti gli uomini di Victoria o Sibyl – Labirinti di donna, due titoli circolati (si fa per dire) anche da noi e che per l’occasione non sono andato a recuperare: un po’ perché, almeno sulla carta, sembrano avere un’attrattiva limitata, e un po’ perché Anatomia di una caduta basta e avanza come oggetto di una recensione.

Ma che film è Anatomia di una caduta? Un film d’autore? In realtà non proprio, perché nessuno ha ancora inquadrato Justine Triet e sa associarla a una poetica o a uno stile. Per tanti versi è un film classico.
Questo contenuto è visibile ai soli iscritti
Snaporaz è una rivista indipendente che retribuisce i suoi collaboratori. Per esistere ha bisogno del tuo contributo. Accedi per visualizzare l'articolo o sottoscrivi un piano Snaporaz.