Per l’anagrafe e per il titolo del libro (25: due anni dopo l’esordio felice I miei stupidi intenti, ancora per Sellerio), il protagonista Gero è un adulto. Ma tutto, nella contratta scrittura impressionista con cui l’autore Bernardo Zannoni ce lo presenta, ci dice il contrario. La «dissoluzione» dei genitori, che hanno abbandonato Gero ancora in fasce, non ha lasciato in lui tracce per l’odio, spunti per malesseri e conflitti. Un grande talento (indimostrato, esclusi tre-quattro cenni rapidi) per la fotografia compensa l’ignavia di Gero, un «ciccione» che non studia e non ha mai lavorato. Nella città di riviera da cui non si è mai allontanato, divide il suo tempo fra una “villa” ereditata dai genitori (che abita come un gatto abiterebbe uno scatolone) e la casa di sua zia Clotilde, ex-pompiera obesa, immobilizzata davanti al televisore.

Famiglia a parte, sappiamo di una relazione con una coetanea, finita da qualche anno; di una vicina di casa adolescente (Betta), incinta e bellissima, ma irraggiungibile, già impegnata con Martin (che lavora al mattatoio cittadino e non si cura di lei); e di un paio di amici. C’è Tommy, che ha tentato il suicidio nel bagno del bar del paese, a suggerire a Gero, con la sua assenza densa, una soluzione all’incapacità di crescere («L’ultimo ricordo fu il lavandino del bagno, scarlatto, con dei grumi vicino allo scarico. Sembrava ci avesse gettato dentro l’anima»); e Amon, bellissimo e fragile, che con le sue nevrosi di controllo e le cicliche crisi di gelosia verso la fidanzata Isidora suggerisce che si può restare al mondo puntellandosi sul proprio malessere invece di combatterlo («“Viviamo in una Grande Gabbia […] E tutto quello che ci rende felici, invece di liberarci, è restringerla ancora di più”»). 

Quelli che potevano sembrare pregi accidentali di uno stile inconsapevole si sono rivelati i denti da carne con cui lo scrittore Zannoni è nato, e non intende mollare la carne del lettore

È vano riassumere 25, non perché la trama sia complicata: piuttosto, la storia in sé conta meno dei personaggi e dei loro incontri. Come era palese in I miei stupidi intenti25 non si gioca su quello che succede e su come gli avvenimenti intacchino le psicologie, ma predilige le opzioni dello storytelling fiabesco.

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