Ultimamente le tendenze musicali stagnano. In zona mainstream la trap – agonizzante – dà qualche timido colpo di coda mescolandosi al rock psichedelico (vedi Lil Yachty e co.), nell’ elettronica c’è un ritorno della frammentazione ludica dei suoni, con composizioni in stile Galen Tipton, il label PC Music ha appena chiuso i battenti storicizzando – se non archiviando – l’esperienza della vaporwave, e c’è un ritorno a una sorta di atmosfera “digital dreamy”, il rock è fruito oramai dalle masse come fosse una versione da saggio nella palestra del liceo (l’ esempio Greta Van Fleet parla chiaro), e via così.

La vera tendenza che invece sta facendo molto parlare di sé è quella della AI, sbandierata ai quattro venti come rivoluzionaria, sbalorditiva. Se all’estero hanno iniziato a sperimentare già da un pezzo con la AI, in Italia siamo ancora indietro: sfido, i brani che oggi vanno forte nella classifica Billboard qui non arriverebbero neanche al cinquecentesimo posto, se non dopo dieci anni. Ma in parte questo è anche un fattore positivo: l’Italia sembra meno assuefatta alle narrazioni correlate alla AI proprio a causa di questo suo essere dura di comprendonio.

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