Ospite alla serata finale di XFactor, l’8 dicembre scorso, Ambra Angiolini ha riproposto il suo vecchio successo del 1994, T’appartengo, con un arrangiamento nuovo e una coreografia d’effetto sul palco del Forum di Assago. A distanza di ventotto anni dal suo esordio T’appartengo è così tornata prepotentemente in classifica e risulta ancora fra i brani più scaricati dalle piattaforme in rete. Il video della sua esecuzione dal vivo – cito da un articolo di Giulia Cavaliere uscito su «Domani» – è rimasto al primo posto delle tendenze Youtube, con decine di milioni di visualizzazioni sugli account social di XFactor, una presenza virale in rete, un massiccio dibattito sull’«impatto culturale» di Ambra e su come gli anni Novanta non finiscano mai.

Tutto questo ovviamente non ha nessuna importanza e fra una settimana ce ne saremo scordati –  ma è servito a riascoltare il brano in questione e verificare cosa dice fra le righe (ovvero nel luogo in cui si dicono le cose più importanti). Nel ’94 avevo ventuno anni, il mio fu un ascolto distratto; all’epoca mi tenevo lontano da «Non è la Rai» più o meno come oggi mi tengo lontano da Instagram: per paura di finire in un posto che rischiava (e rischia) di piacermi un po’ troppo. Come scrive Marlene Dumas, «guardare le immagini non ci porta alla verità, ma ci induce alla tentazione»: non parlerò delle immagini di Ambra (di ieri e di oggi), ma esclusivamente delle sue parole. Che sono, apparentemente, romantiche parole d’amore. T’appartengo racconta «un amore giovanile semplice, puro e scritto bene»: così Stefano Acqua, in quei primi anni Novanta autore del brano insieme a tre Migliacci (Franco, Ernesto, e Francesco junior). Anche Ernesto Assante, su «Repubblica», assicura che la chiave del successo del brano sta nel suo saper raccontare perfettamente l’amore. Ma quale particolare aspetto dell’amore T’appartengo racconta esattamente?

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Gianluigi Simonetti