All’interno della trasmissione televisiva che un tempo cercava gli scomparsi e da diversi anni funge da propulsore alle indagini su omicidi o casi irrisolti c’è un filone non formalizzato che è quello delle ragazzine dissolte nel nulla. I casi che preferivo quando ero una spettatrice fedele erano quasi sempre marginali, di scarsa o nulla risonanza mediatica, a parte lo spazio del servizio in puntata, magari replicato in una o più successive, ma senza l’assillo della novità, anche perché quasi mai ce n’erano: queste giovani anonime (nel senso che il nome non diventava sineddoche o simbolo, come in altri casi), un giorno come tanti, se ne andavano in bici da qualche parte e non c’era verso di cavare da qualcuno che fine potessero aver fatto.

Dissolte nel nulla, in effetti, e quello che riusciva a fare, a quel punto, la trasmissione suddetta (non so se sia ancora così, perché ho smesso di guardarla dalla puntata in cui si aprì fuori dalla fascia protetta dedicata ai casi propriamente horror un’ansiogena finestra sull’uomo che aveva ripreso l’agonia della moglie fino all’ultimo istante, davvero too much), dicevo, quello che si prefiggeva la trasmissione era andare a scoperchiare situazioni di degrado familiare più o meno ripetibile, con genitori totalmente sprovveduti, figlie scampate agli orfanotrofi ma mai realmente integrate nelle nuove vite e che appena compiuta la maggiore età se ne andavano a vivere chissà perché col vicino di casa di quarant’anni. Giurava e spergiurava di non saperne nulla, il vicino quarantenne, della scomparsa, e magari era così, ma il sospetto che la dolce neodiciottenne in bicicletta fosse finita, come diceva la conduttrice, nelle mani dell’orco, rimaneva per lo spettatore (me compresa) inscalfibile da qualunque proclama d’innocenza. Quando invece si trova il corpo, eh be’, il corpo parla, dice la conduttrice, mutuando l’affermazione del questore di Potenza divenuta un mantra a partire dal ritrovamento del corpo di Elisa Claps, violentata, uccisa e nascosta nel sottotetto della chiesa della sua città quando aveva sedici anni, nel 1993. 

Yara Gambirasio di anni ne aveva tredici, quando divenne un fantasma per circa tre mesi, e tale resta per gran parte del nuovo libro di Giuseppe Genna

Yara Gambirasio di anni ne aveva tredici, quando divenne un fantasma per circa tre mesi, e tale resta per gran parte del nuovo libro di Giuseppe Genna, Yara

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