«Tu credi nel Disegno Intelligente?».
«Uh?».
«No, perché vedi, io sono un sostenitore della teoria del Disegno Intelligente».
Spiccata dalle labbra in morboso ralenti, l’affermazione ti catapulta all’istante dentro un invincibile, antichissimo Disegno Deficiente.
Sei in presenza della stessa radicale scempiaggine che accompagna l’umanità dal giorno in cui fu intagliata la prima selce. Un Neanderthal la fissa con due occhioni infelici. E adesso che me ne faccio? Buttala lì, nel coso, insieme alle altre.
Ne hai già conosciuti di individui altrettanto tenaci, insuperabili nel presentare un’immagine di sé abbastanza edotta, aggiornata e ciarliera da sopperire agli sfracelli di una vita dissipata. Simulano conoscenze a vasto raggio. Simulano una brillantezza da ottovolante, su e giù per le sinusoidi della chiacchiera. Spesso, se ricchi, fanno i produttori. Quando il tasso delle loro velleità e la smania di riconoscimento sociale superano la soglia della patologia, aprono una casa editrice.

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