[Due secoli fa, il 7 maggio 1824, fu eseguita per la prima volta a Vienna, al Theater am Kärntnertor, la sinfonia n. 9 in re minore. Questo articolo di Guido Giannuzzi celebra una passata celebrazione del capolavoro di Beethoven]

Il 15 aprile 1902 s’inaugurò a Vienna, nel Palazzo della Secessione progettato da Joseph Maria Olbrich pochi anni prima, la XIV mostra organizzata dal movimento di giovani artisti che aveva scosso la cultura viennese di fine Ottocento. La mostra secessionista proponeva una moderna concezione dello spazio architettonico e dell’opera d’arte monumentale quale tempio delle arti, fedele al principio del Gesamtkunstwerk (l’opera d’arte totale) di ascendenza wagneriana. Partendo da queste premesse, l’architetto Josef Hoffmann aveva ideato tre sale destinate ad accogliere, secondo un percorso con una vera e propria connotazione sacrale e iniziatica, un omaggio a Ludwig van Beethoven, comprendente anche l’esecuzione del finale della Nona Sinfonia del compositore diretta e trascritta all’uopo per un ensemble di fiati e un piccolo coro da parte di Gustav Mahler.

Al centro della sala principale troneggiava il Beethoven di Max Klinger, una statua gigantesca, alta circa tre metri, i cui primi studi erano stati intrapresi dallo scultore fin dal 1885, a Parigi. Realizzato con marmo di Grecia, marmo dei Pirenei, alabastro tirolese, bronzo, avorio, vetro, agata, diaspro e madreperla, si trattava di un gruppo scultoreo bellissimo e unico. Esso intendeva rievocare, nel busto, nella posa, nei sandali calzati e nella toga che ne copre la metà inferiore del corpo, in sostanza nella grandiosità dell’insieme, lo Zeus di Fidia descritto da Pausania nel Viaggio in Grecia. L’aquila, posta ai piedi della statua, era emblema di Zeus, ma anche di Prometeo, incarnazione dello spirito d’iniziativa umano e della sua tendenza a sfidare gli dèi. Accompagnata dai pannelli con Alba e Tramonto, dipinti rispettivamente da Adolf Böhm e Alfred Roller, l’inusuale raffigurazione di Beethoven nella scultura provocò sconcerto e indignazione nel pubblico, che la percepì come offensiva per rappresentarne il genio. Peraltro, ciò creò non poche difficoltà a Klinger quando tentò di “piazzarla” a mostra conclusa, riuscendo, solo dopo diversi anni, a farla acquistare dalla città di Lipsia.

Una volta aggirata l’imponente statua di Klinger, si riusciva ad accedere alla sala destra, dove spiccavano i due fregi principali di Ferdinand Andri e di Josef Maria Auchentaller mentre, sulle due pareti corte, si trovavano il rilievo in malta in parte dorato di Ernst Stöhr intitolato Desiderio di elevazione e due opere non meglio precisate di Friedrich König.

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Ma fu la sala di sinistra, quella d’ingresso, a essere consacrata all’opera tuttora più conosciuta e tuttora visitata nel Palazzo della Secessione: il fregio dedicato alla Nona Sinfonia beethoveniana dipinto da Gustav Klimt

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