«Ritrovare le mie cose mi ha ridato voglia di fotografare come un pazzo». È l’estate del 1990 e Hervé Guibert è riuscito a tornare al suo luogo dell’anima, l’Isola d’Elba, conosciuta – anni prima – da collaboratore per «Le Monde». Non sa se questa sarà l’ultima volta, per viaggiare, scrivere, fotografare. In dodici mesi ha perso diciotto chili e l’Aids lo sta consumando dall’interno. Chi, come gli amici sull’isola, non lo vede da tempo resta quasi incredulo: la malattia – auscultata, dichiarata, affrontata nel celebre All’amico che non mi ha salvato la vita, pubblicato allora solo da qualche mese – lo sta rendendo irriconoscibile. Ha con sé la Rollei 35 e il nuovo romanzo a cui sta lavorando, Le regole della pietà (trad. it. di Laura Vettori, Marsilio 1993). È lì che annota l’esaltazione del momento, il suo imperioso desiderio di fotografia.

Possiamo vedere uno degli scatti di quel soggiorno. In secondo piano, un poco di sbieco per la prospettiva, c’è un ritratto di giovane appeso al muro; mentre quasi al centro, vero protagonista, penzola l’elefante snodabile di una marionetta thailandese. «L’ho illuminato riaprendo alcune imposte e non altre perché si distinguesse l’ombra nella luce» chiosa nel libro.

La stenografia narrativa dell’azione – sistemare le finestre, il taglio di luce – ha tutta l’allure di questa scrittura in prima persona, così insistentemente immediata ed esposta, che ci illude di poter sbirciare senza filtri nel diario dell’autore, mentre chiaramente c’è molto di autofinzionale e costruito. Proprio come nella foto dell’elefante, dove non c’è nulla di spontaneo o di documentaristico. Anzi, l’accentuare i contrasti e le partizioni; il predisporre delle “messe in scena”, come scrivono due esperti dell’opera di Guibert, Jean-Pierre Boulé e Arnaud Genon, e come è del resto evidente in diverse istantanee dove una mano addirittura entra di scorcio nell’inquadratura tenendo un oggetto davanti all’obiettivo: sono indicazioni di una pratica e di uno stile fotografici, dove gli scatti – rigorosamente in bianco e nero – rivendicano un’alta qualità pittorica.

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