Ho un caro amico che si occupa di cronaca nera. L’altro giorno mi ha telefonato e abbiamo passato venti minuti a discutere del caso da prima pagina di questi giorni, il femminicidio di Giulia Cecchettin. Io gli dicevo che sono contenta della sua risonanza mediatica: che sia la volta buona che il trattamento pop di una cosa seria e grave cambi davvero le cose? Lui ribatteva che questo accanimento mediatico è soltanto una forma esasperata di pornografia del dolore e dava la colpa ai podcast e alle serie true crime: come giornalisti, diceva, siamo ridotti a scavare in cerca di dettagli macabri. Il mio amico è una persona con un innato senso di giustizia e un passato movimentista che si sono ammorbiditi politicamente nel corso degli anni. Lui chiama questo ammorbidimento intelligenza, io preferisco pensare di non aver mai abbandonato il famoso ottimismo della volontà. 

Eppure, una volta riattaccato, ho riflettuto a lungo sulle sue parole, sul suo sconforto e sulla sua fatica. Come tutti, sono rimasta scioccata dalla morte di Giulia Cecchettin. Una ragazza giovane e intelligente, tormentata e minacciata dal partner e costretta a vivere il rapporto di coppia come una gabbia, finché la gabbia non è diventata una condanna a morte. La mia confusione non riguarda certo il femminicidio in sé (e come potrebbe? Ho sperimentato molte situazioni pericolose e sgradevoli in termini di ruoli di genere: sono stata seguita fino a casa da un gruppo di ubriachi, ho dovuto gestire insistenti richieste di attenzione in termini sessuali, ho ricevuto foto di genitali maschili indesiderati, sono stata palpata in autobus, sono stata chiamata “troia” per il modo in cui ero vestita, un uomo si è masturbato sulla mia giacca in metropolitana e l’elenco potrebbe continuare all’infinito). Ma sono sorpresa dalle tinte di autoflagellazione e assolutismo un po’ qualunquista che colorano il discorso pubblico sul patriarcato, soprattutto da parte di tutti quegli uomini che – a ragione o a torto – si sentono coinvolti e vogliono discolparsi rivendicando una consapevolezza che evidentemente poteva scaturire solo dal centoseiesimo femminicidio del 2023.

Ma il patriarcato riguarda davvero solo gli uomini? Solo gli uomini eterosessuali? Ho passato in rassegna gli uomini che conosco e ho dovuto constatare che non credo che il problema sia soltanto il genere

In questi giorni ho letto e ascoltato tante parole – in televisione, al bar, sulle riviste culturali, sui social, sui giornali – a proposito degli uomini e del sistema di potere in cui occupano la posizione al vertice, e ho tratto considerazioni confuse, che hanno a che fare con la mia idea altrettanto confusa di femminismo

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