È una piovosa notte invernale e nello stanzone umido di una casa di provincia entra Carmine Sirignano, un attore di teatro quasi ottantenne, interpretato da un commovente Renato Carpentieri. A un certo momento della vita aveva provato a concretizzare le sue aspirazioni di grande artista, ma poi la realtà lo aveva relegato a fare il clown in spettacoli di cabaret. La stoffa dei sogni del drammaturgo napoletano Armando Pirozzi per la regia di Massimiliano Civica è, per dirla con Thomas Bernhard, «il ritratto di un artista da vecchio». Ma a differenza del celebre testo Minetti, ritratto di un artista da vecchio scritto da Bernhard, l’anziano attore non si trova solo in un modesto albergo a Ostenda, circondato dal portiere, dal facchino, da clienti ubriachi e indifferenti ai suoi monologhi, bensì si muove nella casa della figlia, Barbara (Maria Vittoria Argenti), con cui ha un pessimo rapporto, ma pur sempre paterno.
Rappresentare il grande attore sul viale del tramonto è uno straordinario topos teatrale. Gli ultimi desideri velleitari si scontrano con le debolezze della vecchiaia, il ricordo dei trionfi sfuma presto nelle difficoltà e nelle miserie accumulate in una vita. Così guardarsi allo specchio, per il tramite della grandiosità di un personaggio di finzione, può rivelare qualcosa di intimo dell’essere umano e anche della natura permanente, quasi esterna, dell’espressione teatrale.
Minetti (testo in origine pensato per Bernhard Minetti, principe delle scene tedesche dello scorso secolo), recentemente interpretato dal novantaduenne Glauco Mauri per la regia di Andrea Baracco, parla ad alta voce, come in un flusso di coscienza, perciò l’esposizione dell’interiorità rasenta la follia di chi parla da solo, perché non ha più freni inibitori. Attende il direttore di un teatro di provincia, che non arriverà mai, per poter calcare il palcoscenico un’ultima volta, interpretando Re Lear, dopo trent’anni di assenza forzata dalle scene. Il fallimento, l’emarginazione, l’occasione mancata, le insopprimibili aspirazioni sono i fantasmi che circondano Minetti nel suo ultimo monologo che è anche un’imprecazione contro il teatro. Carmine Sirignano arriva invece a casa della figlia a mezzanotte, dopo aver fatto il suo spettacolo di cabaret. Verrà raggiunto durante la notte da Vincenzo (Vincenzo Abbate), il suo giovane assistente e attore, che lo considera un maestro e che è andato a reclamare in giro per i teatri i compensi dovuti per le precedenti repliche, ma con poca fortuna. Durante la notte Carmine beve pessima grappa e nel sonno gli appare il suo se stesso trentacinquenne, in attesa della nascita della figlia e terrorizzato dal non riuscire a realizzare i sogni di grande attore, perché gravato da nuove responsabilità.
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