Vent’anni fa un oncologo del Niguarda mi spiegò, scintigrafia alla mano, che mia mamma aveva davanti a sé pochi mesi di vita e io, in quel momento, decisi di rimanere incinta. 

Non avevo un lavoro, né una casa, non avevo neanche ancora finito l’università e tanto meno avevo un compagno stabile, o affidabile. I bambini, per il poco di cui ne avevo fatto esperienza, mi erano anche, come dire, estranei, eppure non ebbi alcun dubbio: l’unico antidoto che avevo contro la possibilità che quella stanza, quel pavimento di linoleum bianco e persino quel medico scomparissero e io e il mio futuro con loro e tutto, tutto, si facesse per sempre un buco nero, era quella. Era mettere al mondo qualcuno.

Se mi avessero chiesto come mai, avrei risposto che veniva tolta una vita, una che peraltro per me rappresentava l’equilibrio e allora io ne avrei aggiunta una nuova, così saremmo rimasti pari e non avrebbe vinto la morte.

In Stramerowie, il secondo volume di Stramer, secondo me, Mikołaj Łoziński fa qualcosa di simile. Mi spiego. 

Stramer era una grande celebrazione della famiglia, certo, ma innanzitutto dei genitori, e del padre, il bizzarro meraviglioso testone che aveva deciso di lasciare l’America e tornare in Europa per amore, anche se con quella scelta si era condannato ad abbandonare la salvezza, perché significava rientrare dentro la bocca del leone. Eppure in quella vecchia Europa, in anni difficili, fatti di povertà, di fallimenti, ma anche sempre di estrema, imbattibile e geniale ironia, Stramer aveva messo su la sua bella famiglia. 

Sei figli, sei persone che erano sei mondi straordinari, come lo sono sempre i figli, quando i genitori ce la mettono tutta. E Stramer, il padre Stramer, era un padre che nel bene e nel male ce la metteva tutta. Poi certo, per fortuna c’era stata anche la madre, Rywka, che era intervenuta là dove il pur adorabile Stramer aveva combinato sostanziali casini. 

Niente di diverso da come più o meno funzionano tutte le famiglie, tutti si procede per tentativi e dopo gli errori arrivano i recuperi, arrivano i time out, mentre i letti di casa si svuotano, il tavolo della cucina si fa silenzioso e i semi sparsi germogliano, magari altrove.

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