Paola Agosti (Torino, 1947) è una reporter di grande rilievo. Nel corso della sua lunga carriera ha documentato non soltanto i momenti più importanti del movimento femminista romano – motivo per cui oggi viene spesso ricordata, ma che rappresenta solo una parte del corpo del suo lavoro – ma anche gli eventi cruciali dello scenario politico e sociale mondiale. 

Postcart Edizioni le ha dedicato un libro, Itinerari – Il lungo viaggio di una fotografa curato da Federico Montaldo e che riporta la voce di Liliana Lanzardo nella prefazione e di Matteo Di Castro nella postfazione. Ospiti privilegiati nella sua casa immersa nella campagna piemontese, nel corso di una lunga e ricca chiacchierata ci ha raccontato episodi, impressioni, idee che riguardano non soltanto strettamente il suo lavoro di reporter e le sue numerose pubblicazioni, ma anche il ruolo del fotografo, ieri e oggi, e l’importanza di dare una risposta al destino incerto degli archivi analogici, a partire dal suo insieme a quello di molti suoi colleghi.  

Ora è finalmente possibile tracciare una linea e collegare tutti i punti del suo lungo cammino. 

Nel libro vengono ricordati tre modi diversi in cui sei stata definita. Partiamo dal primo: “torinese e borghese”. 

Sì, questo recentemente! Mi ha fatto capire come mi vedevano alcune persone quando lavoravo a Roma. Come se essere torinese fosse un marchio infamante. Ricordo quando alcuni fotografi mi dicevano “A Pa’! Nun sta a fa’ la torinese!” Che voleva dire essere precisa, puntuale, rispettare la parola data e tutte queste cose qua. Comunque non rinnego assolutamente di essere torinese e borghese! 

Anzi a proposito, tu sei nata e cresciuta in un contesto molto aperto e attivo culturalmente (ricordiamo tuo padre Giorgio Agosti, magistrato, partigiano e antifascista, tra i fondatori del Partito d’Azione). Che tipo di educazione hai ricevuto rispetto a tuo fratello? 

In casa mia le donne venivano considerate alla stregua degli uomini, senza alcuna differenza. Anche rispetto a mio fratello Aldo, molto più brillante di me negli studi, non c’è mai stata alcuna differenza nell’educazione ricevuta.  Anzi, ricordo una frase divertente di mio padre – che dimostra bene che tipo di uomo fosse – che come ipotesi peggiore per il mio futuro mi avrebbero trovato un buon marito! Allo stesso modo le figure femminili della famiglia erano per me esempi di donne emancipate.

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