La filosofa e scrittrice argentina Tamara Tenenbaum è cresciuta in una comunità ebraica ortodossa di Buenos Aires, un posto dove le ragazze non possono avere alcun contatto fisico con gli uomini e finiscono per sposare qualcuno a cui non hanno stretto neppure la mano.

Inizialmente il mondo al di fuori dell’Once, il quartiere ebraico della città, è solo quello che intravede nei libri o quando viola lo shabbat e va al cinema con la donna delle pulizie. La svolta arriva soltanto con l’adolescenza, quando inizia a frequentare un liceo laico, grazie alla madre, un’“ortodossa moderna”. Da quel momento, come un’antropologa comincia a studiare e ad apprendere i costumi affettivi e sessuali del sistema laico, che le appare confuso e privo di regole scritte, tutto il contrario delle enclave dell’ortodossia con le loro rigide norme. È qui, soprattutto, che scopre che l’amore è la religione delle ragazze laiche.

Successivamentea partire dalla filosofia e dalla militanza femminista, dalle conversazioni con gli amici, e nell’intento di convertire il suo corpo e la sua esperienza in un laboratorio di riflessione personale e collettiva, scrive La fine dell’amore. Amare e scopare nel XXI secolo, il libro con cui, come una nuova Zarathustra, annuncia la morte dell’amore, alludendo alla fine dell’etichetta sociale del matrimonio e alla vita di coppia monogama finalizzata alla “sacra famiglia”. Svincolato dal giogo delle etichette l’amore potrebbe diventare finalmente più libero, fluido, paritario e consensuale, permettendo all’umanità di superare le distinzioni di genere nella coppia e di accettare chi vuole andare oltre la dualità (poliamore).

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