Quando gli allievi dei corsi di scrittura mi domandano se sia lecito fare la tal cosa nella stesura, che so, di un dialogo, o di una qualche descrizione, mi domando a mia volta se non sia sbagliata alle radici, questa idea (pretesa?) di insegnare a scrivere. Dove sono le regole, dove sono gli interdetti? Una volta uno scrittore molto accreditato commise un’inesattezza grammaticale e un amico critico mi disse: da oggi si può anche così, perché l’ha fatto lui. Chi scrive parrebbe invece avere sempre più bisogno di un’idea normativa, e di riposate ma soprattutto riposanti certezze: se in un dialogo voglio inserire un monologo o viceversa, posso farlo solo a condizione che qualcuno mi abbia autorizzato. Ma questo dialogo, poi, ha quale senso, precisamente, a cosa serve, cosa vuole dire? Sembrano problemi secondari, rispetto al placet autoriale (di altri autori, quelli letti e amati). L’altro enorme problema è il pensiero fisso al lettore: qui la domanda (ovviamente mal posta) è “si capisce?”. Ma chi è questo lettore che non capisce, e perché? E soprattutto: perché è una preoccupazione per chi scrive che quel lettore, e magari solo lui o pochi o non molti altri, possa non capire un’ellissi, un’alternanza di voci, uno spostamento di punto di vista, un’ottica straniata, un plurivocalismo, una multifocalità?

Ho deciso che adotterò l’ultimo libro tradotto in Italia di Annie Ernaux come una sorta di contro-manuale, nei prossimi corsi di scrittura che si suol dire “creativa”

Per queste e molte altre ragioni ho deciso che adotterò l’ultimo libro tradotto in Italia di Annie Ernaux come una sorta di contro-manuale, nei prossimi corsi di scrittura che si suol dire “creativa”. Intanto perché Perdersi (questo il titolo, piuttosto parlante e non immediatamente ambiguo) è un diario, e il solo principio più o meno indicato come prescrittivo nelle mie lezioni è che un romanzo non dovrebbe somigliare al nostro diario intimo. Ecco: l’ultimo libro di Ernaux tradotto in Italia (dal solito, ottimo Lorenzo Flabbi) ha precisamente l’aspetto di un diario intimo. Il diario di una passione, anzi di un’ossessione amorosa. Un diario in cui l’autrice si rappresenta come una sottona, si direbbe nell’internet, ovvero una donna del tutto sottomessa al desiderio, e dunque ai capricci dell’oggetto d’amore.

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