Cento anni fa nasceva György Ligeti, tra i più grandi compositori del Novecento, ben noto ai cinefili per le musiche dei film di Kubrick.

Di famiglia ebraica originaria del lago Balaton, Ligeti è cresciuto a Cluj, la città più importante della Transilvania, all’epoca in cui era rumena, mentre era stata per lungo tempo ungherese e tornò poi ad esserlo, vi si era stabilito il padre per lavoro. Frequentando la scuola rumena Ligeti si trovò in seguito facilitato a coltivare le lingue neoromanze e culture neolatine come la francese e la tedesca. Era un bambino fantasioso, inventava paesi immaginari, ha inventato persino una sua lingua. Desiderava diventare uno scienziato, era appassionato di chimica, fisica, geometria, geografia. Nella sua produzione musicale sarebbe rimasta costante l’ispirazione alla scienza, le sue composizioni hanno forme che riprendono la struttura della clorofilla, i codici genetici, le geometrie frattali. Scoprì la musica da ragazzo rimanendo impressionato in particolare dai colori dei suoni, come nel Preludio dell’Oro del Reno di Wagner.

Avrebbe voluto iscriversi all’università di Scienze naturali, ma nel 1941 c’era un unico posto  destinato agli ebrei e andò a un altro, per cui si trovò a iscriversi al Conservatorio e a intraprendere invece la strada della musica. Dal maestro Ferenc Farkas, a sua volta allievo di Respighi, acquisì una ferrea conoscenza della polifonia e dell’armonia e un approccio artigianale all’orchestrazione.

Tra un colpo di cannone e un carro armato in strada, Ligeti scoprì la musica di Stockhausen, che con Boulez e altri protagonisti del gruppo di Darmstadt diventarono i suoi punti di riferimento

Ligeti ha vissuto in prima persona i drammatici sconvolgimenti dell’epoca, dal crollo dell’impero  alla repressione sovietica. Nel 1944 fu richiamato dall’esercito ungherese al lavoro coatto, mentre la sua famiglia fu deportata ed eliminata nei campi di concentramento. Sopravvissuto alla guerra riprese gli studi al Conservatorio di Budapest, dove divenne a sua volta professore nel 1950. Insegnava Bach e Palestrina, conosceva molto bene le tecniche compositive del passato, tra i suoi autori preferiti Haydn. Studiò a fondo la musica popolare, in particolare quella rumena, la più ricca dell’area, proseguendo le ricerche di un altro celebre magiaro come Bartók. In quegli anni nella Repubblica Popolare d’Ungheria tutta la musica moderna, come Schönberg, Debussy e Ravel, era stata messa al bando, di Bartók come di Ligeti erano ammesse solo le trascrizioni delle canzoni popolari. A volte si riusciva però a captare la radio occidentale e così, tra un colpo di cannone e un carro armato in strada, Ligeti scoprì la musica di Stockhausen, che con Boulez e altri protagonisti del gruppo di Darmstadt diventarono i suoi punti di riferimento.

Con l’insurrezione del 1956 Ligeti riuscì a fuggire in Austria diventando ufficialmente un dissidente. Profugo dell’Est, giunse a Vienna con una prima versione di Apparitions e trovò un lavoro di fortuna alla Universal Edition. Rimediò presto un invito da Herbert Eimert al mitico studio di registrazione della WDR di Colonia, dove stava nascendo la musica elettronica. Era il regno di Stockhausen, lì si realizzavano i primi suoni elettronici con strumenti precursori dei sintetizzatori, i suoni erano costruiti come strutture complesse, trasformati con filtri e generatori di rumori, fissati su nastro magnetico e montati come pellicole cinematografiche. Era l’utopia musicale del momento: sebbene Ligeti abbia scritto solamente tre brani elettronici e ne abbia riconosciuto poi solo uno, Artikulation (1958), in cui la musica viene trattata come una lingua, l’idea costruttiva della musica elettronica rimase fondante per tutti i suoi successivi brani per orchestra. 

Ligeti diventò noto nel 1960 con l’esecuzione di Apparitions a Colonia al festival musicale della IGNM (Società Internazionale di Musica Contemporanea), che suscitò scalpore, e poi con Atmosphères nel 1961 a Donaueschingen, che riscosse invece da subito un grande successo. All’epoca apparivano davvero diversi dal solito, i brani erano stratificati, e costituiti da un unico arco formale. Atmosphères è stato pensato come una ragnatela, costruito come una grande rete finemente tessuta, i tradizionali intervalli musicali si dissolvono in un unico intreccio complesso fatto di numerose voci. Non si sentono più singole armonie e singoli ritmi, ma un’unica massa filamentosa e brulicante, una materia sonora ramificata e in perpetua trasformazione, un fluire senza inizio né fine che tende all’infinito, sono micropolifonie.

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Sono dell’anno successivo Volumina per organo, in notazione grafica invece della tradizionale notazione musicale, e il curioso Poème symphonique per cento metronomi, scritto per il gruppo dadaista Fluxus e ispirato a un racconto di Krúdy che Ligeti aveva letto all’età di cinque anni, ambientato in una casa del bassopiano ungherese piena di igrometri, barometri e orologi che ticchettavano in continuazione.

La musica di Ligeti è unica nel suo genere. Pur attingendo alla tradizione, alla musica popolare e alle tecniche sperimentate dai suoi contemporanei, è libera dalle neoavanguardie, dal neofolclore, dal neotonale e dal postmoderno. Provenendo da una dittatura comunista, Ligeti era contrario alle ideologie e ai gruppi, aveva voluto rimanere estraneo ai movimenti del Sessantotto. Pensava che di un compositore contano soprattutto la fantasia e l’originalità (come in Bach).

Tra gli altri, rimase folgorato dalla sua musica Stanley Kubrick, che volle aprire 2001: Odissea nello spazio con Atmosphères, eseguito per intero prima ancora della sigla del film

Si era confrontato con tanti personaggi del mondo musicale dell’epoca ed era stimato un po’ da tutti. Si interessò anche al mondo musicale statunitense, in particolare per la ricerca sull’elettronica condotta alla Stanford University, che nei primi anni Settanta ne diventava il nuovo centro di riferimento, ma anche a figure come Riley e Reich. Avrebbe voluto fondare uno studio di musica elettronica ad Amburgo, dove nel 1973 divenne professore di ruolo, i suoi corsi di analisi erano aperti a tutti e seguitissimi. Fu invitato spesso a insegnare in diverse prestigiose accademie e anche grazie al confronto con alcuni allievi di diversa provenienza poté approfondire il suo interesse per le culture musicali extraeuropee, dalle strutture ritmiche utilizzate dai Banda Linda dell’Africa centrale alla musica indonesiana. 

Tra gli altri, rimase folgorato dalla sua musica Stanley Kubrick, che volle aprire 2001: Odissea nello spazio con Atmosphères, eseguito per intero prima ancora della sigla del film, come a porre subito lo spettatore in uno spazio eterno, in una prospettiva senza confini, come a condurlo a un livello di coscienza più profondo. Kubrick inserì nel film anche altri brani di Ligeti come il Kyrie dal Requiem (1963-65), Lux Aeterna (1966, per coro misto a cappella di sedici voci), che accompagna il trasbordo dalla stazione spaziale alla luna, e Aventures (1962, per tre cantanti e sette strumentisti). In The Shining usa invece Lontano (1967) mentre in Eyes Wide Shut compaiono parti di Musica ricercata (1950-53).

Ligeti si misurò con il teatro musicale con Le Grand Macabre (1974-77), opera in due atti e quattro scene rappresentata a Stoccolma nel 1978 poi ad Amburgo, Bologna, Parigi e Londra, ma non ne fu mai davvero soddisfatto, neppure dopo il rifacimento del 1996 messo in scena l’anno successivo a Salisburgo da Peter Sellars. 

Tra i suoi lavori più riusciti le tre serie di studi per pianoforte, con cui tutti i virtuosi della tastiera oggi devono misurarsi. Scritti a partire dal 1985 e in parte ispirati alla prodigiosa tecnica di Pierre-Laurent Aimard, Ligeti vi ha trasposto complesse melodie africane originariamente pensate per xilofono, tecniche ideate dall’amato Conlon Nancarrow e procedimenti derivati dalla geometria frattale, ma sono solo spunti per creare una musica di una potenza espressiva straordinaria. 

Ligeti è scomparso nel 2006. Appassionato di nonsense, ha lasciato incompiuto un progetto musicale su Alice in Wonderland con cui avrebbe voluto mettere in musica uno dei suoi testi preferiti. 

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