Noi morettiani romani vogliamo essere come tutti e quindi esclusivamente come tutti quelli che conosciamo bene. Per questo un nostro rito è ritrovarci a ogni nuovo film di Nanni nel suo cinema, il Nuovo Sacher.

Non sia mai che incontriamo qualcuno che non abbiamo già visto a qualche brunch o cena monacale a Monteverde a base di insalatone e semi e zolle, discutendo, avvinazzati ma solo di brodaglie bio estratte da terreni sequestrati alle mafie, del nuovo osteopata di fiducia o dell’analista che parla una volta l’anno, dell’ultima monumentale orazione civile a Centocelle sui poveri cristi, dell’estetica di film agrari con bovini parlanti o della nostra versione civile e all’italiana dei supereroi Marvel: il franchise Aldo Moro. Che, come minimo, risorge. 

E le periferie dei puri? Troppo puri, che forse è meglio filmarli a casa loro e comunque raccontarli nella loro innocente e igienica resa, fanciullini distanti ma innamorati a Ponte di Nona.  

Per questo non ci costa molto, visto che oltretutto ci abitiamo vicino, andare a vedere l’opera ultima del nostro Sai Baba di Monteverde nel suo tempio. Il Nuovo Sacher. 

Sferzante moralizzatore, lui, nostro condottiero etico ed estetico ed ex comico sublime, genio nel bene e nel male, nevrotico dichiarato e ora davvero depresso, e non per deriva o interposta persona come noi, famoso, lui, e non morto di fama come noi.
Quale haiku o anatema ci riserverà oggi – oggi che è periodo di crisi come da copione e come da quarant’anni a questa parte –, quale sciarada o panacea nella sua nuova opera a noi sempre necessaria? 

Sembrerebbe che nel film si dica che “la Storia (o storia) si fa con i se”. E già solo questo evoca vertigini e interstizi di senso, profondità abissali e arzigogoli borgesiani. Dibattiti tra i “bimbi belli”, sua famosa rassegna in cui Nanni espone e a volte sbrana un cinema giovane di vetusti trentenni, suoi imitatori. Cinema sempre testimoniale e indipendente ma non si sa mai bene da chi e da che cosa. 

Ma soprattutto questo per noi bellissimo Bignami testamentario ed emotivo, il suo ultimo film, ci restituisce finalmente tutte le nostre nostalgie. Tutte, ma sempre inventate: la rivoluzione, il rigore morale, l’amore impossibile, i dolci e le scarpe e le piscine, il Pci. Che poi, invero, sono le sue nostalgie.

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