Verrà un giorno in cui i robot sostituiranno gli scrittori.

Questo, almeno, è quanto suggerisce il progredire dei software di intelligenza artificiale, capaci ormai di produrre testi dotati non solo di senso compiuto, ma anche di quella che a prima vista sembrerebbe una qualche forma di sensibilità. Pochi mesi fa l’articolo di Nitasha Tiku, pubblicato sul «Washington Post», è stato il primo a dare eco alla vicenda di Blake Lemoine, l’ormai ex ingegnere di Google che aveva attribuito un certo grado di coscienza al chatbot LaMDA. Ma, se le macchine sono ormai capaci di imitare molto bene l’espressione verbale umana, resta da decidere se possano essere capaci anche di inventarla. E se invece fossero gli uomini, per quel fenomeno particolare noto ormai come “effetto ELIZA”, dal nome del primo chatterbot creato tra il 1964 e il 1966, ad attribuire alle AI più intelligenza di quella che realmente possiedono?

Una buona occasione per parlarne è un libro dialogico, enciclopedico e multidisciplinare appena uscito per Il Saggiatore. Frutto della collaborazione tra Rocco Tanica (pseudonimo di Sergio Conforti, celebre musicista del gruppo Elio e le storie tese) e un’intelligenza artificiale, Out0mat-B13 (a sua volta, nome d’arte per un software Gpt-3), si intitola Non siamo mai stati sulla Terra e l’impressione è quella di trovarsi di fronte a un esercizio di straniamento totale: «Come distinguiamo ciò che è uomo e ciò che è macchina?» è, infatti, la prima domanda che ci viene in mente quando pensiamo all’operazione del romanzo. Questo procedimento è tuttavia declinato in molte sfumature più sottili, nei termini di una ridiscussione del confine tra reale e artificiale, storia e falsità, arte e palinsesto di deformazioni che finisce per implodere su se stessa. Tanto che si potrebbe parlare di un romanzo inceppato.

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