Un mese fa moriva Silvio Berlusconi. Rifluita l’onda delle reazioni a caldo, Snaporaz propone, a firma di Guido Mazzoni, un primo serio bilancio storico della sua figura.

1. Nella storia

Nelle prime pagine delle sue Lezioni di filosofia della storia secondo il testo curato dal figlio Karl, Hegel parla degli individui welthistorischen, “cosmico-storici” nella traduzione italiana più comune, quelli che trasformano un paesaggio epocale traendo energia dallo spirito nascosto che si affaccia alle porte del presente. Spesso si tratta di uomini pratici, o di avventurieri che agiscono in nome di interessi privati, e tuttavia il significato oggettivo delle loro azioni trascende gli scopi particolari che li muovono e esprime le grandi forze collettive emergenti.  Nella misura che si addice a un paese occidentale di media potenza, Silvio Berlusconi è l’unico individuo cosmico-storico apparso in Italia nella seconda metà del ventesimo secolo. L’ultima figura che ha avuto un effetto complessivo paragonabile al suo è stato Mussolini: neppure De Gasperi e Togliatti hanno avuto tanto peso.

Berlusconi sta a Trump come Giovanni Battista sta a Gesù: ha creato la grammatica del populismo politico contemporaneo vent’anni prima che molti cominciassero a parlare linguaggi simili al suo

Come uomo pubblico, Berlusconi è durato più di quarant’anni. Ha creato la televisione commerciale, ha portato al potere la società dello spettacolo, ha trasformato un’azienda in un partito politico vittorioso. È stato il più longevo presidente del Consiglio del dopoguerra, sia se si guarda alla durata dei singoli governi, sia se si guarda alla durata complessiva dei mandati, essendo rimasto in carica più a lungo di Andreotti, di De Gasperi e di Moro. Ha fondato un partito interclassista di massa che ha preso il posto della Democrazia cristiana raccogliendone una parte consistente dell’elettorato, e che ancora adesso, forse per poco, è la più longeva tra le gassose aggregazioni politiche italiane. Vincendo le elezioni del 1994, ha portato al governo tre partiti (Forza Italia, la Lega Nord e Alleanza nazionale) che, per ragioni diverse, non facevano parte dell’arco costituzionale. Ha interrotto la conventio ad excludendum che impediva agli eredi del Movimento sociale italiano di accedere al potere esecutivo “sdoganandoli”, come si disse con un verbo il cui significato fu ampliato proprio allora, e creando il processo che quasi trent’anni dopo ha condotto un partito nato dall’Msi, e con la fiamma dell’Msi ancora iscritta nel simbolo, a vincere le elezioni. E soprattutto la sua figura ha varcato i confini nazionali ed è diventata l’anticipazione e l’allegoria di un processo che ha investito tutti i paesi occidentali nell’ultimo decennio. Berlusconi sta a Trump come Giovanni Battista sta a Gesù: ha creato la grammatica del populismo politico contemporaneo vent’anni prima che molti cominciassero a parlare linguaggi simili al suo. È stato infine l’esempio più luminoso di cosa intendesse Gramsci per “egemonia”, di come la costruzione del consenso politico e morale preceda quasi sempre la presa del potere, e di come l’egemonia nasca dall’intreccio, di volta in volta variabile, tra la forza e il consenso: in questo caso tra il possesso di un impero mediatico e la capacità di interpretare i desideri delle masse. Ha espresso lo spirito del tempo dando voce a tendenze storiche che sarebbero emerse in molte altre nazioni, ma lo ha fatto in forme radicate nello spirito di un popolo, inconfondibilmente italiane. 

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© Umberto Cicconi / Getty Images

2. L’uomo della seconda mutazione

Berlusconi compare sulla scena pubblica quasi quindici anni prima di vincere le elezioni, in un momento carico di significati.

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