Giusto settantacinque anni fa, nel 1948, si tennero in Italia le prime elezioni politiche della Repubblica, che videro la grande affermazione della Democrazia cristiana, a scapito dell’alleanza tra comunisti e socialisti. Il clima politico e sociale s’infuocò e vi fu chi temeva un colpo di mano violento da parte delle formazioni sconfitte (specie da parte del Pci) per prendere il potere, anche se Palmiro Togliatti, con la svolta di Salerno di pochi anni prima, aveva garantito l’adesione del suo partito alle regole della democrazia parlamentare. Il 14 luglio, il deputato socialdemocratico Carlo Andreoni, in un editoriale del quotidiano del suo partito «l’Umanità» era stato durissimo nei confronti di Togliatti, dandogli del traditore e scrivendo che la maggioranza degli italiani avrebbe dovuto avere il coraggio di «inchiodarlo al muro», «e non solo metaforicamente». Ed era un socialdemocratico. 

Ma vi fu chi aveva già pensato di prenderlo alla lettera e, alle 11.45 di quello stesso giorno, un certo Antonio Pallante, ventiquattrenne studente fuoricorso di giurisprudenza ed ex seminarista (circostanza, questa, messa in grande evidenza nei giorni seguenti dal quotidiano del Pci, «l’Unità») sparò tre colpi di pistola a Togliatti, mentre questi stava uscendo da Montecitorio. Pallante, partito dalla Sicilia – non prima di avere acquistato l’arma –, arrivò a Roma col preciso intento di uccidere il segretario del Pci, e già il 13 luglio, il giorno prima dell’attentato, aveva provato a farsi ricevere da Togliatti nella sede del partito, in via delle Botteghe Oscure. Non era, però, riuscito nell’intento, così era andato a Montecitorio per assistere a una seduta parlamentare (ironia del destino: grazie a due permessi speciali ottenuti da un deputato democristiano e da uno comunista) per vedere dal vivo «il suo uomo», ed essere sicuro di riconoscerlo prima di sparargli. 

Togliatti sopravvisse alle pistolettate di Pallante – una delle quali lo raggiunse alla nuca, senza sfondare la calotta cranica perché i proiettili erano di scarsa qualità –, ma in tutta Italia furono organizzati (anche se spesso si produssero in modo spontaneo) scioperi, cortei, proteste, e per qualche giorno sembrò davvero che stesse per iniziare una guerra civile: si ebbero violenti scontri tra la polizia e i manifestanti, in cui morirono in tutto trenta persone e circa altre ottocento furono ferite. Come elemento di storia sindacale, lo sciopero generale indetto dalla Cgil fu all’origine della scissione con cui i sindacalisti cattolici si staccarono da quelli comunisti, dando vita, il 15 settembre di quell’anno, alla Libera Cgil, divenuta poi Cisl, nell’aprile del 1950.

Tra le reazioni popolari più immediate, vi fu la nascita di canzoni e ballate che raccontarono questo drammatico episodio della neonata Repubblica italiana. La più conosciuta fu sicuramente quella di Marino Piazza, cantastorie bolognese

Appena ripresosi dall’operazione effettuata al Policlinico di Roma dal chirurgo Pietro Valdoni, Togliatti invitò i dirigenti del Pci e i suoi sostenitori a interrompere qualunque manifestazione, per evitare che si alimentassero nuove tensioni.

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