Una volta si chiamavano (Franco Moretti le chiamava) opere-mondo, quei romanzi che travalicano un’epoca e un contesto geograficamente definito, portando il lettore su uno scenario in continua espansione, al di là dei singoli minuti accadimenti, personaggi, rivolgimenti di trama (quelli che l’altro Moretti, Nanni, chiama invece turning point, nell’ultimo film, irridendo alla Netflixmania dilagante intergenerazionalmente). E dunque, la cosiddetta Grande storia, e i legami delle vite singolari coi fatti straordinari che marcano cesure nella serie del tempo: così la narrazione delle vicende di Roland Baines, protagonista di Lezioni, l’ultimo romanzo di Ian McEwan, all’opera mondo somiglia perché il personaggio in questione cavalca le epoche, partendo dal college negli anni dell’atomica, e attraversa le fasi declinanti dell’Occidente autoinvestito dell’insegna di luogo di pace e garanzie di benessere all’indomani della guerra fredda, transitando dai disastri atomici (Chernobyl) al terrorismo internazionale (Torri gemelle) fino alla recentissima pandemia. Gli eventi, proprio come nell’opera-mondo, risultano decisivi anche sulla microstoria: non costituiscono, come si è soliti ripetere in questi frangenti, un semplice sfondo, ma entrano di prepotenza nelle vite ritratte dal plot. E questo è un dato. L’altro è che il romanzo di McEwan è un pastiche, un ircocervo di citazioni prese da altre fortunate opere che hanno marcato l’immaginario dell’uomo occidentale mediamente colto del XXI secolo. La pianista di Haneke, a me è parso, su tutte, dalla cui sfrenatezza sessuale e refrattarietà ai limiti morali (in questo caso completamente sbaragliati, trattandosi di lussuria riversata su minorenne, sia pur scafato e consenziente) muove la torbida vicenda dell’inetto Baines. Il terzo elemento è proprio questo: l’inettitudine di un personaggio che si autodefinisce «noioso, privo di idee, fiacco» e, in forma ancora più sintetica «un essere inerme», confrontandosi con gli eventi, micro o macro, senza realmente incidere su nessuno (o essere da nessuno realmente scalfito) e, anzi, coltivando deliberatamente la strategia della sopravvivenza passiva a ogni singolo trauma. Il principale è proprio quello di natura sessuale: l’iniziazione al desiderio (insaziabile e sadico) da parte della sua insegnante di piano al college (sebbene nei ringraziamenti l’excusatio non petita ci avverta che «nessuna maestra di pianoforte come Miriam Cornell ci ha mai insegnato»).

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