Nel 1947 lo scrittore André Malraux, che fu anche ministro della cultura dal 1959 al 1969, pubblica un libro dal titolo interessante, Il Museo immaginario, in cui si sofferma sul ruolo fondamentale giocato dall’editoria nella diffusione delle riproduzioni in bianco e nero di opere d’arte: la grande disponibilità di fotografie e stampe consentiva finalmente agli appassionati d’arte di godere della bellezza di dipinti e sculture conservati nei musei di tutto il mondo, restando comodamente a casa. Con questo saggio si definisce l’idea di un museo costruito sulle fotografie con cui ognuno di noi raccoglie le opere appartenenti alle più disparate culture per potersi costruire da soli il proprio museo di riferimento. Se cercate in rete, troverete una fotografia meravigliosa che lo ritrae dall’alto, accovacciato a terra circondato dalle copie estratte dai libri, intento a dare loro un ordine. Sembra stia curando una sezione del suo personale museo, che potrebbe anche essere una metafora della realtà che stiamo vivendo: un mondo di sole immagini, che siamo costretti a selezionare per capire ed interpretare il reale.

Sarebbe sicuramente piaciuta a Malraux la possibilità che abbiamo oggi di accedere in continuazione a immagini appartenenti a culture diverse, senza il filtro dei libri e delle narrazioni che le custodiscono. Viviamo in un museo senza alcun limite apparente, questo museo ha superato il confine dello spazio domestico in cui lo abbiamo custodito fino a oggi, si sovrappone e si fonde con tutti i musei che alimentiamo ogni giorno con nuove immagini di spazi, opere d’arte, architetture. Rimane però aperta una questione fondamentale: come mettere ordine nella quantità disordinata di dati disponibili? Provate a cercare gli impressionisti e troverete tutto; provate a cercare le opere di un artista meno conosciuto e rimarrete frustrati. Perché internet è confuso. Nel Museo immaginario, invece, Malraux intende sottolineare non tanto il valore specifico di ogni singola opera, quanto la possibilità di ritrovare nella produzione artistica di ogni tempo e luogo la comune e trascendente attitudine dell’uomo a dissertare, esplorare, e mettere in discussione il mondo. L’arte quindi, come il museo che la ospita, è un luogo mentale, che ciascuno di noi costruisce quale proiezione del mondo. 

Il medium che ci permette questa costruzione è senza dubbio la fotografia. Il modo in cui la fotografia è stata scattata, la possibilità di isolare soltanto frammenti o particolari di un’opera d’arte sembra amplificarne la fruizione, agendo ancora con più forza sull’immaginazione di chi quella particolare immagine la seleziona isolandola dal suo contesto.

Martín Bollati,martin bollati,luca galofaro,il museo immaginario,il rituale del serpente,malraux,hermes/unesco,arte e ai,arte e ia,arte e intelligenza artificiale
Martín Bollati,martin bollati,luca galofaro,il museo immaginario,il rituale del serpente,malraux,hermes/unesco,arte e ai,arte e ia,arte e intelligenza artificiale

Di recente, l’artista Martín Bollati, nel suo libro Hermes/Unesco (2023),

Questo contenuto è visibile ai soli iscritti

Snaporaz è una rivista indipendente che retribuisce i suoi collaboratori. Per esistere ha bisogno del tuo contributo.

Accedi per visualizzare l'articolo o sottoscrivi un piano Snaporaz.