Si chiude oggi il ciclo di articoli con cui Snaporaz ha seguito, puntata dopo puntata, la serie Succession.

A volte anche i buoni romanzi «terminano malamente», come diceva Edward Forster, «e non c’è poi troppo da sorprendersi se nel finale non si sentono altro che martellate e giri di vite». Quanto più è ampio ed epico il racconto, tanto più è difficile dargli un finale soddisfacente, come ben sanno gli showrunner di Lost o Game of Thrones: la necessità di riannodare tutti i fili lascia vergognosamente scoperto il meccanismo narrativo. Non è il caso di Succession, che da questo punto di vista aveva un enorme vantaggio: non c’erano molti fili da riannodare, perché a ben pensarci in trentanove episodi non è successo quasi nulla. All’inizio di With Open Eyes siamo più o meno dove eravamo a metà della prima stagione: c’è la riunione del consiglio di amministrazione e Kendall ha organizzato un colpo di stato per sovvertire la volontà di suo padre e prendere il controllo. 

La serialità contemporanea ci ha fatto spesso innamorare grazie a personaggi che crescono e si trasformano: pensate a Buffy, a Peggy di Mad Men, o anche a Walter White. In molti altri casi però i personaggi non cambiano affatto, siamo noi a percepirli diversamente, perché abbiamo condiviso un pezzo della loro vita: il meccanismo seriale ci permette di approfondire la conoscenza della loro psiche, un po’ come succede in un matrimonio o in un’amicizia di lunga data. Molte serie con il tempo ci deludono non tanto perché peggiorano, ma perché iniziamo a vederne le debolezze che erano lì sin dal principio, allo stesso modo in cui una persona appena incontrata ci può sembrare misteriosa e interessante finché non scopriamo che in realtà è una testa di cazzo. I personaggi di Succession sono rimasti delle teste di cazzo dall’inizio alla fine, ma nel tempo li abbiamo conosciuti, capiti, odiati e amati in maniera sempre più profonda.

E quindi, nonostante non mi aspettassi affatto che il prescelto sarebbe stato Tom, le cose in fondo vanno come dovevano andare: i tre fratelli sono sconfitti e perdono tutto (a parte, ehm, quel paio di miliardi di dollari che incasseranno). Nelle ultime scene i loro tre destini vengono presentati, mi pare, in ordine inverso di disperazione: Roman è da solo, in un bar, lui che più di tutti desiderava avere intorno una famiglia che lo amasse; Shiv torna con Tom ma in posizione subalterna, ridotta a essere la procreatrice del nuovo principe, lei che è invece una donna ambiziosa, intelligente e capace. Kendall, infine, si è definitivamente trasformato in Logan, ma senza né la sua reputazione né il suo potere. Ha perso tutti gli affetti, cammina per Battery Park con lo sguardo perso nel vuoto e lo immagino ripercorrere all’infinito gli eventi nella sua testa, pensando e ripensando a cosa avrebbe potuto fare diversamente. 

C’è da discutere sulla scelta di Shiv? Per scrivere questi articoli mi sono dato la regola di guardare ogni episodio tre volte, e a una visione ripetuta appare assolutamente chiaro che Shiv cambia idea quando Kendall si siede al posto di Logan, mette i piedi sulla scrivania e nomina presidente del consiglio di amministrazione Stewy, che a sua volta si sente subito in diritto di darle ordini. Non è tanto un peccato di hybris, quanto una prefigurazione del futuro che la aspetta: nessuno la prenderà mai sul serio, sarà sempre messa da parte dal cerchio magico dell’arroganza maschile. Al confronto, Tom davvero sembra il male minore, come conferma il fatto che preferisca Karolina a Hugo e Gerri a Karl e Frank. 

Dopo una visione ripetuta, inoltre, le giravolte della trama passano in secondo piano, e invece restano enormemente emozionanti due momenti di pausa: la preparazione del frullato schifoso e la cena virtuale con Logan. Questi rari momenti di normalità sono divertentissimi e incredibilmente commoventi, perché ci fanno intravedere un mondo in cui queste persone avrebbero potuto essere felici, se fossero riuscite a liberarsi della coazione a competere. Succession non ha mai cercato di trasmettere saggezza sapienziale, è una satira velenosa che sguazza nelle verità ciniche: le persone non cambiano, tutti sono in vendita, il sistema è corrotto, e così via. Qui, forse, si intravede una delle rare morali possibili: liberarsi del desiderio di vincere sempre, di ottenere il meglio del meglio a tutti i costi e in ogni circostanza, è una possibilità per vivere più felici. È questa la banale e rivoluzionaria verità di cui parla Green Grow the Rashes, la canzone di Robert Burns cantata da Frank (non avendo tempo per ricerche più approfondite prendo la traduzione da qui, con qualche modifica basata sulla versione in inglese standard trovata qui. Mi perdoni chi ne sa più di me):

La gente mondana può inseguire la ricchezza

E la ricchezza può sempre sfuggirgli,

e anche quando alla fine la raggiungono

il loro cuore non può goderne.

Datemi perciò un’ora tranquilla di sera,

abbracciato alla mia bella

e pensieri e uomini bellicosi 

vadano pure a gambe all’aria

Verdi crescono i giunchi, oh

Verdi crescono i giunchi, oh

le ore più dolci che ho trascorso,

le ho trascorse con le ragazze, oh

Considerazioni sparse e finali:

Tutti gli episodi conclusivi delle quattro stagioni di Succession prendono il titolo da un verso di una poesia di John Berryman, Dream Song 29.

La trama presidenziale, avendo svolto la sua funzione, torna sullo sfondo. Non ci viene detto se Mencken sarà confermato o no, e anche questa sembra una scelta giusta. 

L’episodio si concede un’ultima sortita in una location esotica, questa volta l’isola di Barbados, che Ken chiama “Bim”, come pare facciano i locali e i conoscitori. 

Ci sono un’infinità di piccole perle comiche in questo episodio, dalle regole di Connor per aggiudicarsi gli oggetti nell’appartamento di Logan al tizio a caso che entra in ascensore con Kendall nel momento più tragico possibile. Ma la migliore è probabilmente il pitch del povero Jonathan, avventuriero arrivato da Monaco nella speranza di farsi finanziare da queste tre piccole pesti. 

Si è consumato lo scontro tra i disgusting brothers che aspettavo da tempo, ma è durato davvero poco. Greg forse non dovrà tornare a indossare il costume da Doderick, e tuttavia è un finale piuttosto amaro per lui, dopo una stagione intera passata a cercare di affrancarsi da Tom. 

Se siete arrivati fin qui: Godspeed, my brothers and sisters, and God bless. È stato divertente, spero di rifarlo prima o poi!