Come ogni martedì fino al 5 giugno, Gianluigi Rossini commenta per Snaporaz i singoli episodi dell’ultima stagione di Succession, la migliore serie TV degli ultimi dieci anni. 

Succession è una serie a budget elevato, ma non elevatissimo: i novanta milioni di dollari stimati dal Guardian per le prime due stagioni (sicuramente lievitati nelle due successive) non sono tanti al confronto con le produzioni Disney/Marvel o con Gli anelli del potere di Prime, che viaggiano sull’ordine dei dieci o venti di milioni a episodio. Ma Succession usa le sue risorse in maniera, oserei dire, virtuosa rispetto alla norma attuale: senza proprietà intellettuali preesistenti da compensare, con poche star nel cast e zero effetti speciali, la maggior parte delle voci di costo deriva dal girare in pellicola e usare molte comparse, costumi di scena, elicotteri e soprattutto location.

Ne è un esempio perfetto Kill List, che trasporta l’intero cast in un ritiro aziendale tra le montagne della Norvegia (se volete sognare un po’, il posto è questo) – nelle stagioni precedenti erano stati in Ungheria, Italia, isole varie dell’Adriatico, Inghilterra, Islanda. Al di là del piacere visivo dato dai panorami norvegesi, lo spostamento ha un senso: siamo trasportati nel mondo parallelo di GoJo in cui i vari Karolina e Hugo devono incontrare i propri doppi e lottare con loro per la sopravvivenza, e soprattutto è un territorio straniero e ostile, la peggior cornice possibile per la prima volta in cui Kendall e Roman devono agire da soli senza la rete di protezione paterna. Abituati a essere trattati come principi, i Roy qui non hanno potere, come si illustra metaforicamente tramite i mezzi di trasporto: dopo un volo in jet privato, la fila di minivan neri della delegazione Waystar deve inerpicarsi per strette strade di montagna e nell’ultimo tratto lasciare il passo a piccoli cart gestiti dal personale di GoJo. Più avanti Matsson si sposta in elicottero, mentre i fratelli sono confinati su una lenta funivia. 

Se la domanda fondamentale di Succession è sempre stata “chi sarà l’erede al trono?”, in questa stagione ne aleggia un’altra: “i ragazzi sono capaci di diventare persone serie?”. L’episodio era iniziato con un buon auspicio: richiamando il pilot, Kendall in macchina ascolta Jay-Z per caricarsi, in vista del primo giorno da Ceo, ma stavolta è meno ridicolo, più composto e controllato. I due CE-bros si sono impegnati davvero: hanno lavorato, letto dossier, valutato le alternative, fissato un obiettivo. Ma già la gigantografia di Logan nella lobby della Waystar e il nervosismo generale faceva presagire problemi, e infatti nei tesissimi dialoghi di negoziazione Matsson li sovrasta e li manipola a suo piacere, ricoprendo in pratica il ruolo del padre nel castrarli e sminuirli, fino all’umiliazione definitiva di chiamarli una tribute band. Il paradosso è che il risultato finale è visto da tutti come una grande vittoria, solo i tre fratelli e lo svedese sanno che in realtà è stata una sconfitta completa. È così che nascono le leggende dell’imprenditoria? Da un fraintendimento?

È molto divertente il terrore suscitato nella dirigenza della Waystar dai curricula dei loro corrispettivi GoJo, che sono giovani, talentuosi, titolati, perfino campioni sportivi. Jesse Armstrong, britannico, sbeffeggia allegramente decenni di cliché seriali sull’efficienza e la meritocrazia delle corporation Usa come difficilmente un autore statunitense avrebbe avuto il coraggio di fare. Neanche Matsson, ovviamente, è un modello: arrogante, sessista e stalker, trova tuttavia un’improbabile (e provvisoria) alleata in Shiv, reduce dalla caduta dell’episodio precedente ed estromessa dai fratelli, ma più capace di loro di entrare in confidenza con lo svedese. Dei tre, Shiv è l’unica con una reale competenza professionale, che può mettere in azione nel momento in cui Matsson le rivela i suoi inquietanti sistemi di corteggiamento. Dei tre è, in effetti, l’unica che può dargli consigli sensati per il suo sbarco negli Stati Uniti. 

In maniera appropriata per un episodio pieno di insicurezze maschili, quindi, alla fine grazie a Shiv sono le donne della Waystar a uscirne meglio, tutti i maschi saranno spazzati via. Tutti tranne Tom, che ancora una volta è salvo solo per essere “Tom di Siobhan”.

Considerazioni sparse

Monitoraggio della trama presidenziale: il candidato democratico Jimenez fa campagna elettorale negli Stati della Rust Belt (interpreto così il «tap dancing across Lake Michigan» di cui parla Tom). Sul versante opposto la ATN è ormai organica alla propaganda di Mencken. Se la proprietà della rete dovesse davvero passare allo svedese, che vuole colorarla di “grigio Bloomberg”, sarebbe un problema anche per il partito repubblicano. 

Shiv beve superalcolici e sniffa cocaina? Incinta? Per l’audience statunitense un’immagine del genere supera una pericolosa linea rossa e, in effetti, le inquadrature sono piuttosto ambigue: quello che vediamo realmente è un piccolo sorso dal bicchiere, per il resto potrebbe essere una simulazione, necessaria sia a nascondere il fatto che è incinta, sia a fare comunella con Matsson. Nel frattempo flirta con Tom, alla sua maniera, maltrattandolo e facendogli dispetti.

Tom e Greg continuano ad andare in direzioni opposte, ma il secondo è in ascesa e il primo sembra non accorgersi di nulla. Greg sta scommettendo sulla sua appartenenza alla famiglia e in questo episodio incassa prima una difesa in pubblico da parte di Kendall, poi una piccola missione segreta. Presto o tardi si arriverà a uno scontro. 

Una nota sulla coerenza dell’universo di Succession: l’orribile film Kalispitron: Destroyer of Moons (che credo faccia il verso ai Transformers) è stato nominato per la prima volta nella seconda stagione, è comparso in un poster nella terza ed è tuttora nella sigla iniziale. Fikret è l’autista di Kendall da sempre, anche lui nominato più volte sin dal pilot. 

Momenti comici deliziosi: Frank e Karl che indossano le calze di compressione in aereo, per non fare la fine di Logan; la faccia di Jess quando Kendall le chiede di organizzare una proiezione di Kalispitron di lì a poche ore (confesso che Jess è uno dei miei personaggi secondari preferiti, e Juliana Canfield è bravissima a darle espressività nonostante abbia poche battute).